Il 5% della popolazione modiale è rappresentato da popolazioni indigene, abbracciando un universo di culture e tradizioni molto diverse tra di loro. Una delle caratteristiche che però accomuna queste comunità è lo stretto legame, anche spirituale, che hanno con la terra in cui vivono e sui frutti della quale basano in ampia misura la propria sussistenza e la possibilità di esistere come una cultura distinta.
L’accesso alla terra e alle risorse ad essa collegate è pertanto un elemento cruciale per la loro sopravvivenza. La generale mancanza di definizione dei diritti di proprietà che caratterizza la risorsa terra e in particolar modo la difficoltà delle comunità indigene di vedersi riconosciuti diritti accesso collettivo alle risorse, rende tali popolazioni estremamente vulnerabili al rischio di venir allontanate dalle terre che occupano da tempi ancestrali. Le crescenti pressioni commerciali sulla risorsa terra, l’accaparramento di considerevoli estensioni di terreno da parte di investitori internazionali così come l’estensione di attività agricole intensive destinate alla commercializzazione e all’esportazione mettono a repentaglio la sopravvivenza di questi popoli.
Una delle caratteristiche che definisce la maggior parte dei popoli indigeni è il forte legame spirituale, culturale, sociale ed economico che hanno con la loro terra: lungi dall’esser visto solo come un bene economico, per molti popoli indigeni la terra è vita e, quando allontanati da essa, la loro possibilità di esistere come una cultura distinta diminuisce enormemente.
Anche se potrebbe essere possibile trovare alcune caratteristiche ricorrenti di questi popoli, la creazione di una definizione universale, a causa della loro diversità, non è né necessaria né auspicabile: la comunità internazionale ha concordato però una serie di criteri oggettivi e soggettivi (contenuti nella Convenzione No.169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), 1989), tra cui: le popolazioni indigene sono coloro che discendono da società pre-Stato e quindi, con l'avvento degli Stati nazionali, perdono il diritto all'autodeterminazione; hanno istituzioni e prassi distinte dal resto della popolazione e praticano ancora forme di diritto consuetudinario, ivi compresa la trasmissione dei diritti di accesso alla terra. Accanto a questi criteri obiettivi, ce n'è uno soggettivo: 'auto-identificazione come indigeno. Molti Stati sono ancora piuttosto restii ad abbracciare questi criteri, e quindi riconoscere speciali tutele, essendo invece maggiormente propensi a ridurne i diritti.
A causa della mancanza di una definizione generalmente accettata e di dati, in particolare nei paesi che non riconoscono gli indigeni come tali, il loro numero è difficile da stimare, ma approssimativamente si ritiene che circa il 5% della popolazione mondiale, ovvero circa 370 milioni individui, sia composto da popolazioni indigene. Le Nazioni Unite stimano inoltre che questi popoli rappresentano ben il 15% dei poveri e il 33% degli individui che vivono in estrema povertà nelle aree rurali del mondo.
È strettamente necessario considerare queste realtà e dedicar loro particolari attenzioni all’interno dei processi decisionali a causa del loro ruolo fondamentale in termini di pratiche di sviluppo sostenibile , di tutela dell’ambiente, nonchè del patrimonio di conoscenze tradizionali di cui sono detentori. Proteggere loro e le loro pratiche di sostentamento tradizionali, infatti, significa proteggere l'ambiente, la biodiversità e la nostra comune ricchezza umana e culturale.
Le popolazioni indigene necessitano specifiche tutele poichè sono estremamente vulnerabili a eventi sempre più comuni come il land grabbing, delocalizzazioni forzate e criminalizzazione delle occupazioni tradizionali di territori poichè, ad oggi, molte di loro non hanno diritti di proprietà – nemmeno di forma collettiva - legalmente riconosciuti sui territori e sulle risorse su cui in gran parte dipendono e basano la propria sussistenza. Questo è uno dei motivi per cui la comunità internazionale sottolinea la necessità di adottare un approccio basato sui diritti: se nessuno sforzo particolare è dedicato alla loro protezione, vi è il rischio che interventi (anche interventi di sviluppo) possano pregiudicare i diritti di queste persone a causa della loro elevata vulnerabilità.
La specificità della tutela risiede nell’orientamento delle politiche, non tanto nel riconoscimento di nuovi diritti poichè i diritti dei popoli indigeni, tra cui il diritto alla terra e altre risorse, si affermano e trovano fondamento nell'intera gamma di strumenti giuridici per il riconoscimento dei diritti umani. Questi strumenti sono relativi all’istruzione, alla sanità, così come al diritto alla vita e al diritto al cibo: nessun diritto straordinario deve essere riconosciuto, mentre è fondamentale che l'intera gamma dei diritti umani debba essere specificamente contestualizzata alla particolare condizione dei popoli indigeni.
In particolare, gli strumenti internazionali chiave che definiscono i diritti dei popoli indigeni – e ne prevedono meccanismi attuativi - sono la Convenzione n°169 dell’ILO sui Diritti dei Popoli Indigeni e Tribali nei paesi indipendenti, adottata nel 1989 e ratificata da 22 paesi, e la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni (UNDRIP), adottata nel 2007. Se la prima ha implicazioni legali per i paesi che l'hanno ratificata, la seconda è una dichiarazione che rappresenta un consenso globale sulla materia. Questi strumenti sono molto simili, soprattutto in merito all’accesso alla terra e relative risorse, e si rafforzano reciprocamente nel loro mandato.
In entrambi gli strumenti, l'esistenza di diritti umani di natura collettiva è chiaramente stabilita (UNDRIP preamblolo, art. 25; C169 art. 13.1). Ciò include il fatto che la proprietà di territori possano essere riconosciuta ad una comunità o a un gruppo di persone quale soggetto collettivo, e questi hanno il diritto di partecipare al processo decisionale (ogni volta che lo Stato prenderà decisioni che li possano riguardare) non solo attraverso una voce individuale, ma anche attraverso le loro istituzioni tradizionali. In particolare, si fa riferimento al diritto di possedere, utilizzare, sviluppare e controllare le risorse, ed è fondamentale sottolineare che il riconoscimento di tali diritti si basa sull’occupazione, poprietà o utilizzo consuetudinari di territori da parte delle popolazioni indigene (UNDRIP, art. 25, 26.1, 26.2; C169 art. 14.1). Infatti, l’ILO (2013) afferma che "the traditional occupation and use […] is the basis for establishing indigenous peoples’ land rights, and not the eventual official recognition or registration of that ownership".
Gli stessi strumenti comprendono anche l’importante vincolo che le popolazioni indigene non dovrebbero essere delocalizzate e affermano l'obbligo per lo Stato di consultarle e di ottenere il loro consenso libero, prioritario e informato (la condizione FPIC) (UNDRIP, art.19, 32.2; C169 art. 6 and 15.2). prima di adottare provvedimenti o progetti che potrebbero influenzare i loro diritti, le loro terre e i loro territori. Ogni volta che è necessario e non evitabile una delocalizzazione dei popoli indigeni ad altri territori, il diritto al ritorno deve essere garantito (se il trasferimento è temporaneo), alternativamente si prevede la garanzia di un equa compensazione.
Un caso di particolare vulnerabilità è poi rappresentato dalle donne indigene: queste hanno una stretta relazione con la loro terra e svolgono un ruolo chiave nelle famiglie e comunità come principali fornitori di cibo, così come custodi della cultura e delle conoscenze tradizionali. Tuttavia, essi soffrono di una doppia marginalizzazione, in quanto indigene e in quanto donne, a volte anche all'interno delle loro stesse comunità. Questa discriminazione di genere si traduce in un accesso alla terra iniquo, dove le donne non hanno diritto di accesso nè sono parte di linee di eredità. È necessario un approccio innovativo per affrontare questo problema, e il riconoscimento di diritti di proprietà collettivi possono promuovere efficacemente la tutela dei mezzi di sussistenza tradizionali e includere maggiori tutele per le donne. Un passo in avanti è rappresentato dall’attivismo di molte donne indigene stesse, le cui organizzazioni sono in crescita e stanno proliferando anche in gran parte dei paesi poveri, sostenendo con voci univoche i loro diritti.
Tutelare la sopravvivenza dei popoli indigeni è un elemento che dovrebbe sempre orientare l’azione politica data la ricchezza umana e sociale di cui sono portatori. Il loro ruolo, inoltre, in termini di gestione sostenibile delle risorse è fondamentale per sostenere l’equilibrio degli ecosistemi. Il loro legame con la terra e con le risorse ad essa collegate è infatti imprescindibile.
Le attuali dinamiche di crescenti pressioni commerciali sulla terra stanno invece mettendo a rischio la possibilità dei popoli indigeni di sopravvivere secondo i tratti culturali distinti che li caratterizzano, rendendoli uno dei gruppi sociali più vulnerabili alla potenziale perdita di accesso alla terra. La loro vulnerabilità è inoltre aumentata dalla mancanza di riconoscimento formale dei loro diritti di accesso e sfruttamento delle risorse, solitamente di natura tradizionale e consuetudinaria, che spesso non trova riconoscimento formale nei quadri normativi dei paesi.
Beretta S. e Balestri S. (2015), Contro la Fame: diritto al cibo, accesso alla terra, ed. EMI
Convenzione No.169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), 1989. Accessibile all'indirizzo: Indigenous
Feiring B., (2013), Indigenous peoples’ rights to land, territories, and resources, pubblicato da International Land Coalition, Roma.
Accessibile all’indirizzo Landcoalition