Il mais viene comunemente associato alla polenta, piatto consumato tradizionalmente nelle regioni del Nord Italia. Per la preparazione di questo piatto venivano utilizzate antiche varietà locali a frattura vitrea, poi abbandonate in seguito all’introduzione degli ibridi più produttivi. Negli ultimi anni si è vista la tendenza al ritorno alle coltivazioni di una volta, per riscoprire gli antichi sapori di questi materiali così particolari. Oltre ad avere una buona qualità nutrizionale queste farine infatti hanno delle caratteristiche sensoriali specifiche che si prestano alla preparazione di diverse tipologie di prodotti alimentari. Uno degli esempi del recupero di antiche varietà è lo Spinato di Gandino, varietà coltivata in passato in questo paese della provincia di Bergamo sito in località collinare, e oggi coltivato e commercializzato dalle aziende del territorio.
Un tempo il mais veniva utilizzato soprattutto per l’alimentazione umana sotto forma di polenta la quale, in alcune regioni, ha costituito per circa tre secoli la base alimentare della popolazione delle campagne. Dagli anni ’50 il progressivo miglioramento delle condizioni di vita ha portato ad una drastica riduzione del consumo di polenta, trasformandola quasi in una specialità gastronomica.
Il mais con cui si preparava la polenta nel passato non è quello che viene coltivato oggi, per cui si può ben dire che «la polenta di oggi non è la polenta di una volta» (Figura 1). Un tempo venivano infatti coltivate varietà locali con caratteristiche diverse da quelle attuali e ogni zona aveva quindi il suo tipo di mais e di polenta; si consideri, a titolo di esempio, che in Lombardia venivano coltivate più di 50 varietà locali di mais.
figura 1 - Preparazione tradizionale della polenta
La caratteristica fondamentale che deve avere una varietà di mais da polenta è la frattura vitrea (Figura 2) della granella, a differenza di quelle per l’alimentazione degli animali che hanno invece la granella a frattura farinosa (Figura 3). Per la produzione di mais da polenta si deve quindi ricorrere ad antiche varietà locali, oppure a varietà di più recente costituzione (ibridi) con granella a frattura vitrea.
figura 2 - Spiga di mais a frattura vitrea
figura 3 - Spiga di mais a frattura farinosa
Le varietà da polenta sono in genere a fioritura precoce e quindi si adattano anche ad ambienti montani, dove la stagione estiva è più breve rispetto alla pianura. Inoltre sono meno produttive delle varietà farinose comunemente coltivate e quindi meno esigenti di interventi colturali. Per queste caratteristiche il mais da polenta, in particolare le varietà locali, si adatta anche a zone marginali (colline e fondivalle) e alla coltivazione con il metodo biologico.
A partire dagli anni ’50 in seguito all’introduzione dagli USA degli ibridi, in grado di dare produzioni più elevate e migliore resistenza agli stress ambientali, le varietà di mais coltivate in passato in Italia sono state progressivamente abbandonate. Per impedire la perdita di un materiale genetico così vario e interessante, che rappresenta un patrimonio genetico insostituibile, l’allora Stazione Sperimentale per la Maiscoltura di Bergamo (oggi CRA-MAC) organizzò nel 1954 in tutto il territorio italiano la raccolta di queste popolazioni: da allora oltre 750 varietà (Figura 4) sono conservate nella banca del germoplasma del CRA-MAC.
figura 4 - Varietà locali di mais
Anche altri enti, per esempio il C.R.A.B. S.c.r.l. (Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica) svolgono un lavoro di recupero di vecchie varietà di mais locali piemontesi, che prevede anche lo studio delle caratteristiche morfologiche e agronomiche delle stesse (Gamba et al., 2006).
Negli ultimi anni si è assistito a un rinnovato interesse da parte di diversi soggetti operanti sul territorio (Province, comunità montane, consorzi di tutela ecc.), per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse agroalimentari locali. Il desiderio di ritrovare i sapori della tradizione, di recuperare insieme al cibo anche una parte della nostra storia e cultura; la necessità di attivare un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente; la spinta al consumo di prodotti legati al territorio: tutto questo ha portato alcuni agricoltori a rimettere in coltivazione le vecchie varietà di mais per la produzione di farina da polenta, ma anche per la produzione di altri prodotti alimentari (gallette, biscotti…)
Tra le varietà recuperate ci sono per esempio lo Spinato di Gandino (Figura 5A), il Rostrato di Rovetta (Figura 5B), il Nostrano dell’Isola (Figura 5C) e molte altre.
figura 5 - Semi delle varietà tradizionali di mais
Con il comune intento di valorizzare le varietà maidicole del Nord Italia i rappresentanti di sette realtà territoriali hanno intrapreso una collaborazione per promuovere le colture e i sapori tipici, anche in occasione di Expo 2015. Oltre al mais Spinato di Gandino questo gruppo comprende il mais Biancoperla (Treviso), Marano (Vicenza), Scagliolo (Carenno, Lecco), Pignoletto (Piemonte), Rostrato di Rovetta e Sponcio (Belluno).
Nel processo di recupero delle antiche varietà diversi lavori sono stati fatti per mettere a confronto le farine per la preparazione di polenta, andando ad analizzare una serie di parametri sensoriali (aroma, sapore..) e stilando una lista delle varietà più gradite (Figura 6) (Berardo et al., 2006; Zeppa et al., 2012). Infatti ognuna di queste varietà si caratterizza per la particolarità del sapore, dell’odore, della granulosità che le rendono uniche.
figura 6 - Polenta cucinata in paioli di rame per analisi sensoriale.
Queste varietà inoltre hanno una composizione chimica molto più ricca rispetto agli ibridi commerciali; hanno un contento di proteine e lipidi più alto e, grazie alla loro colorazione più intensa, contengono anche una serie di composti antiossidanti (carotenoidi, antocianine..).
Preparazione tradizionale della polenta
Preparazione tradizionale della polenta
Varietà locali di mais
Alcune delle varietà locali conservate presso la banca del germoplasma del CRA-MAC di Bergamo (Foto C. Lanzanova).
Semi delle varietà tradizionali di mais
Semi delle varietà tradizionali A) Spinato di Gandino, B) Rostrato di Rovetta e C) Nostrano dell’Isola (Foto P.Valoti)
Polenta cucinata in paioli di rame per analisi sensoriale.
Polenta cucinata in paioli di rame per analisi sensoriale. Da Berardo et al., 2006
Spiga di mais a frattura farinosa
Spiga di mais a frattura farinosa. Da: Ritorna il mais a granella vitrea per la produzione di farina da polenta. Supplemento VITA IN CAMPAGNA 10/2006
Spiga di mais a frattura vitrea
Spiga di mais a frattura vitrea. Da: Ritorna il mais a granella vitrea per la produzione di farina da polenta. Supplemento VITA IN CAMPAGNA 10/2006
La produzione di materiali tradizionali da parte di aziende del territorio, così come la lavorazione da parte di mulini e piccole industrie locali, permette la produzione di prodotti a kilometro zero. Questi prodotti, definiti anche con il termine più tecnico “a filiera corta”, hanno un prezzo contenuto grazie a ridotti costi di trasporto e di distribuzione, all’assenza di intermediari commerciali, ma anche a scarso ricarico del venditore che spesso è lo stesso agricoltore. Con questa scelta di consumo consapevole, si valorizza la produzione locale e si recupera il legame con le proprie origini, esaltando nel contempo gusti e sapori tipici, tradizioni gastronomiche e produzioni locali, oltre a promuovere aspetti di cultura e valorizzazione del territorio.
Berardo N., Pisacane E., Valoti P., Mariotti M., D’Egidio M.G., Moscaritolo S. (2006). Development of innovative maize based products as functional foods. Tecnica Molitoria International 2006: 103-108.
Gamba U., Spagnolo S., Pinna M. (2006) Vecchie varietà di mais da polenta a confronto: i risultati conseguiti nel 2006.
L’Eco di Bergamo 24/3/2014. Gruppo antichi mais. Il presidente è un trevigiano.
Ritorna il mais a granella vitrea per la produzione di farina da polenta. Supplemento VITA IN CAMPAGNA 10/2006
Zeppa G., Bertolino M., Rolle L. (2011). Quantitative descriptive analysis of Italian polenta produced with different corn cultivars. Journal of Science and Food Agriculture, 92: 412-417.