La piaga della fame è ancora con noi. In un mondo dove la produzione agro-alimentare sarebbe più che sufficiente a nutrire la popolazione mondiale, più di 800 milioni di persone soffrono per una alimentazione insufficiente o inadeguata a consentire una vita dignitosa. La maggior parte di queste persone vive in paesi caratterizzati da bassi livelli di reddito medio pro-capite e, per quanto possa apparire paradossale, vive in zone rurali e svolge attività legate all’agricoltura.
La sfida del raggiungimento della sicurezza alimentare presenta molte dimensioni: in primis, lo sradicamento della povertà estrema specie nelle aree rurali, quelle che da “problema” possono diventare risorsa; ma esistono anche molti altri problemi legati alla geografia della crescita demografica, ai processi di inurbamento, all’esistenza di crescenti masse di popolazioni rifugiate e sfollate, fino alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
La ricerca economica, a partire dai pionieristici lavori di Amartya Sen, ha messo in luce che la fame si configura prevalentemente come un problema di accesso al cibo, non come un problema di scarsità materiale. Per questo è importante dare attuazione concreta al diritto al cibo
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Il World Food Summit del 1996 aveva specificato accuratamente il contenuto di “sicurezza alimentare” (food security): essa si realizza quando tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico ed economico a cibo sano (food safety) e nutriente, che soddisfi i loro bisogni e le loro preferenze alimentari, per una vita attiva e in buona salute. Da questa definizione si evincono quattro condizioni che debbono essere simultaneamente soddisfatte perché si possa parlare di sicurezza alimentare.
Innanzitutto, la disponibilità fisica di cibo: questa condizione richiede che l’offerta di cibo sia adeguata, grazie alla produzione locale oppure alla importazione; ovviamente, la comunità internazionale ha il compito di intervenire per garantire la disponibilità di derrate alimentari in caso di emergenze umanitarie dovute a calamità naturali o a situazioni di conflitto.
La semplice disponibilità di cibo a livello locale o globale non garantisce, tuttavia, che ogni famiglia abbia accesso a cibo sufficiente e adeguato: occorre che ogni famiglia possa contare su un potere d’acquisto adeguato, così che l’accesso potenziale al cibo fisicamente disponibile diventi accesso reale. Tale potere d’acquisto dipende dal reddito familiare disponibile, ma anche dall’andamento dei prezzi dei prodotti agricoli
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La terza dimensione della sicurezza alimentare riguarda la concreta possibilità che ogni persona possa accedere alle quantità e qualità di nutrienti che consentono una vita sana e attiva; questa dimensione viene chiama “utilizzazione”. L’utilizzabilità del cibo da parte delle singola persona dipende non solo dal suo personale stato di salute, ma anche da dinamiche sociali e culturali che in gran parte si attuano dentro la famiglia: come il cibo viene preparato, quali nutrienti comprende, secondo quali modalità il cibo viene distribuito fra i membri della famiglia.
Quarta dimensione, ugualmente importante: la stabilità delle tre condizioni sopra ricordate. L’insicurezza può anche dipendere dal raggiungimento una dieta soddisfacente sono in taluni periodi o stagioni, oppure solo durante i peridi di occupazione del capofamiglia; oppure da fasi di rialzo dei prezzi, di instabilità politica, di instabilità climatica. Come si può ben immaginare, l’indebolimento dovuto a un periodo di malnutrizione può sfociare in cattiva salute, incapacità di lavorare in modo produttivo e impoverimento ulteriore, con una spirale negativa molto difficile da rovesciare.
L’accesso ad una alimentazione adeguata è dunque il risultato di una molteplicità di condizioni, ciascuna essenziale. Ad esempio, senza accesso all’acqua potabile e alle condizioni igieniche essenziali, le malattie gastrointestinali finiscono per impedire l’assorbimento dei elementi nutritivi; la malnutrizione nell’Africa Sub-Sahariana, per esempio, dipende anche dal fatto che circa il 30% della popolazione vive in aree senza acqua potabile e dove le acque reflue non sono trattate. Se le ragazze non vanno a scuola e non ricevono istruzione sanitaria nelle loro comunità per mancanza di personale infermieristico e ostetrico, è difficile che sappiano gestire i problemi alimentari legati alle delicatissime fasi della gravidanza e della cura dei bambini. Insomma, parlare di accesso al cibo e di sicurezza alimentare chiama in causa tutte le dimensioni della vita umana nella concretezza delle relazioni famigliari, locali, regionali, nazionali e globali. In sintesi, la sicurezza alimentare implica questioni sanitarie, problemi di sostenibilità economica e ambientale, scelte nazionali e globali relative alle politiche agricole e commerciali.
Perseguire la sicurezza alimentare è il contenuto essenziale del primo dei Millennium Development Goal, a cui giustamente si è impegnata la comunità internazionale nell’anno 2000: l’obiettivo di “sradicare la povertà estrema e la fame” entro il 2015. Questo obiettivo è stato specificato in tre sotto-obiettivi: il primo, quello di ridurre della metà, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di popolazione che vive in condizione di povertà estrema (ossia, con meno di 1,25$ al giorno); il secondo, di garantire una piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti, compresi donne e giovani; terzo, quello di ridurre della metà, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di popolazione che soffre la fame.
figura 1 - Distribuzione della fame nel mondo
Oggi, nel 2015, abbiamo la possibilità di guardare agli sforzi intrapresi e ai risultati ottenuti, riassunti nel grafico precedente, e possiamo constatare che il quadro presenta luci e ombre. Il numero di persone sottonutrite è effettivamente diminuito rispetto al 1990, ma solo di un quinto (non si è dimezzato, dunque); ad oggi, si stima che 800 milioni di persone siano sottonutrite. Eppure, nello stesso periodo il prodotto reale mondiale è aumentato in media del 3,6% e si è effettivamente dimezzata la percentuale della popolazione dei paesi poveri che vive con meno di 1,25$ al giorno. In pratica, la povertà alimentare si è rivelata più dura da sconfiggere che non la povertà in termini di reddito.
Questa affermazione è “difficile da digerire”, come la rivista “The Economist” intitola il grafico seguente:
figura 2 - Povertà alimentare e povertà di reddito
In questi anni, tuttavia, la comunità internazionale ha potuto imparare molto dall’esperienza e ha via via approfondito la sua conoscenza di dove, come e perché la fame si manifesta. L’inadeguata alimentazione, infatti, ha molti volti e il suo sradicamento richiede di conoscerla da vicino. Oggi, le statistiche a disposizione permetto di distinguere le situazioni in cui le persone non hanno accesso ad un numero sufficiente di calorie (sotto-alimentazione, undernourishment) da quella in cui non hanno accesso a nutrienti adeguati (sotto-nutrizione, undernutrition). Le due situazioni possono coesistere, ma non sono sovrapponibili. La differenza è particolarmente significativa nel caso dell’alimentazione dei bambini. La situazione dei bambino sottopeso (sotto-alimentati) non deve essere confusa con la situazione dei bambini che soffrono di rachitismo (stunted). Questi ultimi sono molto più numerosi, e la loro “fame nascosta” si traduce in difficoltà di crescita e di sviluppo che è drammatica in sé, ma anche per le sue conseguenze a lungo termine: la sotto-nutrizione riduce la capacità di apprendimento dei bambini, indebolisce le loro resistenze agli attacchi delle malattie, riduce la loro futura capacità di lavoro.
Mentre la sotto-nutrizione (ossia l’accesso a un numero di calorie minore di quanto sarebbe necessario per condurre una vita attiva) è diminuita, l’accesso inadeguato a micro-nutrienti quali vitamine e sali minerali non è diminuito. Questa “fame nascosta” produce effetti negativi pesantissimi: la carenza di vitamina A può portare alla cecità; la carenza di ferro, specie nelle donne, porta ad anemie che impediscono la vita attiva e che pregiudicano la salute dei nuovi nati.
Si stima che due miliardi di persone soffrano di carenze alimentari, in tutte le regioni del mondo (inclusi i paesi ricchi); tuttavia, le forme più diffuse e più severe di malnutrizione si riscontrano nei paesi a basso reddito e in particolare fra la popolazione rurale più povera, specialmente fra i bambini, le donne incinte e i malati – ossia le fasce più vulnerabili della popolazione sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista nutrizionale. Anche l’obesità sta peggiorando, e non solo nei paesi ricchi. Nel 2013, più di due terzi dei 42 milioni di obesi vivono in paesi a reddito medio e a reddito basso. Sono i poveri, dunque, a essere più facilmente sottonutriti, malnutriti e obesi.
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Distribuzione della fame nel mondo
Fonte: FAO, The State of Food Insecurity in the World, 2014, p.11, http://www.fao.org/3/a-i4030e.pdf
Povertà alimentare e povertà di reddito
Fonte: The Economist, Malnutrition, nutrients and obesity. Feast and famine, November 29th 2014
In questo scenario, realizzare l’accesso al cibo implica una molteplicità di interventi. Come intervento nutrizionale diretto, si tratta sicuramente di mettere a punto programmi specifici di sostegno per le fasce più vulnerabili, specialmente garantendo l’accesso adeguato ai micronutrienti essenziali per le madri e per i bambini sotto i cinque anni. Ma la riduzione della fame e della “fame nascosta” richiede un approccio integrato, che incida sia sullo sviluppo locale, sia sulle politiche internazionali. A livello locale, occorre promuovere lo sviluppo rurale, così da ridurre la povertà e insieme incrementare la disponibilità locale di cibo; favorire un miglior accesso alla terra, ai servizi produttivi e al credito, alle tecnologie e ai mercati locali, specialmente per i piccoli produttori agricoli e per le donne. A livello globale, occorre investire nella ricerca volta a incrementare la produttività agricola in modo rispettoso delle tradizioni culturali e della biodiversità; occorre poi monitorare attentamente le politiche dei grandi attori globali, così da riconoscerne le possibili conseguenze nefaste sull’accesso al cibo per le popolazioni più vulnerabili (dalle popolazioni indigene esposte alla possibilità del land grabbing, alle famiglie povere colpite dal rialzo dei prezzi alimentari, alle persone sfollate e rifugiate a causa di calamità naturali e conflitti).
Beretta S. e Balestri S. (2015), Contro la Fame: diritto al cibo, accesso alla terra, ed. EMI
FAO, IFAD, WFP, The State of Food Insecurity in the World, vari anni dal 1999 al 2014
FAO, Post-2015 and SDGs, Nourishing People, Nurturing the Planet, December 2014
altre risorse sull’accesso al cibo nella propsettiva Post-2015: http://www.fao.org/post-2015-mdg/home/en/
Sen, Amartya K. Poverty and Famines: An Essay on Entitlements and Deprivation, Oxford, Clarendon Press, 1981.
Beretta S. e Balestri S. (2015), Contro la Fame: diritto al cibo, accesso alla terra, ed. EMI
FAO, IFAD, WFP, The State of Food Insecurity in the World, vari anni dal 1999 al 2014
FAO, Post-2015 and SDGs, Nourishing People, Nurturing the Planet, December 2014
altre risorse sull’accesso al cibo nella propsettiva Post-2015: http://www.fao.org/post-2015-mdg/home/en/
Sen, Amartya K. Poverty and Famines: An Essay on Entitlements and Deprivation, Oxford, Clarendon Press, 1981.