Dal secondo dopoguerra gli scambi globali di alimenti sono incrementati notevolmente in termini di quantità, di valore e delle interconnessioni tra i paesi. I paesi maggiormente coinvolti nell’import-export sono quelli sviluppati (Stati Uniti e Nord America), ma Brasile, Argentina, Cina e India stanno aumentando rapidamente la loro importanza quali esportatori, mentre cresce l’import di cibo in Russia, Arabia Saudita e Sud Corea. In questo contesto l’UE presenta un equilibrio alimentare discreto. Questi ingenti flussi hanno assunto un peso ragguardevole sulla bilancia commerciale di molti paesi e il loro intensificarsi ha determinato notevoli mutamenti in termini di tecniche di coltivazione e di colture praticate nei paesi esportatori in via di sviluppo (con le annesse conseguenze sociali). Per regolamentare questi scambi sono stati messi a punti vari accordi tra i paesi ed altri sono in via di definizione (GATT, WTO, TTIP), seppure l’adozione a livello globale di norme condivise sia problematica per gli interessi contrapposti dei paesi industrializzati e di quelli in via di sviluppo.
Il commercio internazionale è tra i fattori che influenzano maggiormente la produzione agricola.
In tempi pre-industriali, e anche dopo, i fabbisogni di alimenti venivano soddisfatti attraverso approvvigionamenti di prossimità. In età contemporanea le innovazioni tecniche (aumento delle rese unitarie, trasformazione e condizionamento con stoccaggi duraturi) hanno profondamento mutato i modelli di produzione di cibo, cui si è affiancato il trasporto motorizzato di materie prime, semilavorati e prodotti di consumo che ha supportato l’espansione su scala planetaria degli scambi alimentari.
Nell’ultimo decennio del XX secolo, con la fine della guerra fredda, il commercio internazionale è stato oggetto di mutamenti significativi generalmente indirizzati verso una maggiore liberalizzazione degli scambi. Sono stati siglati numerosi accordi commerciali, sia di natura regionale, sia di carattere più generale, finalizzati all’abolizione delle barriere commerciali in diversi paesi. Nel 1947 è stato siglato da 23 paesi il “General Agreement on Tariffs and Trade” (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio, GATT) per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. La negoziazione in sede GATT aveva come obiettivo la riduzione delle barriere al commercio internazionale dei prodotti agricoli. L’agricoltura, infatti, rappresenta tradizionalmente il settore più protetto, con conseguenze che ricadono, in particolare sui paesi in via di sviluppo a causa dei sussidi e delle barriere tariffarie applicati dai paesi sviluppati. Gli effetti negativi del protezionismo agricolo riguardano anche la produzione eccedentaria di molti paesi sviluppati che, immessa sul mercato internazionale, causa alterazioni dei prezzi riflettendosi negativamente sulla produzione dei paesi in via di sviluppo. Successivamente, nell’ambito del ”Uruguay round” del GATT conclusosi nel 1994, l’agricoltura ha avuto un posto di rilievo, ma le riduzioni tariffarie e dei sussidi applicate dai paesi sviluppati e la maggiore apertura alle esportazioni dei paesi in via di sviluppo sono state contenute. Gli impegni assunti sono riassumibili in: a) riduzione del sostegno interno accordato al settore agricolo; b) aumento delle possibilità di accesso delle importazioni al mercato interno; c) riduzione dei sussidi all’esportazione.
Il GATT (come organizzazione) è stato sostituito, dall’1 gennaio 1995, dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o World Trade Organization, WTO), organizzazione permanente dotata di proprie istituzioni che ha adottato i principi e gli accordi raggiunti in seno al GATT: essa ha lo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra gli stati membri. Al WTO aderiscono ora 159 Paesi cui se ne aggiungono 25 con ruolo di osservatori, i quali rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.
La strada aperta dal GATT del 1994 è segnata da gravi difficoltà e l’abbandono del protezionismo sui prodotti agricoli appare ancora lontano, come dimostra il sostanziale fallimento dell'ultimo ciclo di negoziati commerciali multilaterali del “Dhoa Round”, a novembre del 2011. Questo ciclo di negoziazioni, avviato nel 2001, avrebbe dovuto dare vita a un accordo multilaterale sulla liberalizzazione degli scambi mondiali, ma si è arenato proprio sulle questioni relative alle politiche agricole a causa di resistenze e timori espressi tanto da paesi in via di sviluppo, quanto di Stati Uniti ed Unione Europea.
Dal luglio è in corso di negoziato il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP): si tratta di un accordo commerciale di libero scambio tra l'UE e gli USA. L’obiettivo è quello di integrare i due mercati, riducendo i dazi doganali e rimuovendo in una vasta gamma di settori le barriere non tariffarie (differenze di regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie). Ciò renderebbe possibile la libera circolazione delle merci, migliorerebbe le condizioni per il flusso degli investimenti e l'accesso ai rispetti mercati dei servizi e degli appalti pubblici, ma numerose critiche sono state avanzate dal mondo agricolo europeo ed italiano.
La rete del commercio agro-alimentare internazionale
I flussi di cibo tra i paesi formano la “rete del commercio agro-alimentare internazionale” (International Agro-Food Trade Network, IFTN).
Dal 1960 il commercio alimentare globale è aumentato esponenzialmente (Figura 1)
figura 1 - Andamento commercio alimentare e produzione alimentare mondiale
Le esportazioni di alimenti e dei prodotti agricoli (Figura 2)
figura 2 - Paesi maggiori esportatori metti
Per quel che riguarda le importazioni (Figura 3)
figura 3 - Paesi maggiori importatori netti
Gli alimenti maggiormente esportati sono frutta e verdura, seguita dai cereali e carne.
Con il database ComTrade è stato ricostruita graficamente la IFTN analizzandone la struttura (Ercsey-Ravasz et al., 2012): ne risulta che, nel periodo 1998-2007 i 207 paesi esaminati sono ormai tutti in contatto con tutti gli altri dal punto di vista dei flussi di alimentari.
L’ossatura fondamentale della rete (su dati del 2007) è formata da 44 paesi che registrano il più ampio volume di traffico import-export complessivo (Figura 4)
figura 4 - La “spina dorsale†del IFTN
Nel 2007 i 7 paesi più attivi negli scambi con il resto del mondo sono stati: Stati Uniti, Germania, Francia, Olanda, Gran Bretagna, Cina e Italia; ognuno di loro ha avuto scambi commerciali in entrata o in uscita con almeno il 77% degli altri paesi del mondo.
Andamento commercio alimentare e produzione alimentare mondiale
(Fonte: ComTrade, database di import- export agro- alimentare delle Nazioni Unite, ONU)
Paesi maggiori esportatori metti
(miliardi di $ US) (Fonte: http://knoema.com/cduhihd/world-exports-and-imports-of-agricultural-products)
Paesi maggiori importatori netti
(miliardi di $ US) (Fonte: http://knoema.com/cduhihd/world-exports-and-imports-of-agricultural-products)
La “spina dorsale†del IFTN
basata su dati 2007 formata da 44 Paesi con il totale attività di commercio (import + export) più elevato (Fonte: Ercsey-Ravasz M, et al., 2012
Il quadro del flusso globale degli alimenti è divenuto recentemente molto complesso e un crescente numero di paesi dipende dal commercio alimentare internazionale.
Per la comprensione delle conseguenze dei flussi commerciali di prodotti agricoli sulle economie nazionali occorre distinguere i concetti di sicurezza e di sovranità alimentare. Se una data nazione riesce a soddisfare i suoi fabbisogni in cibo importandolo dall’estero attraverso canali commerciali essa risulta essere “sicura” sotto il profilo alimentare, mentre può invece considerarsi “sovrana” se esercita il diritto a mantenere ed elaborare la propria capacità di produrre i propri alimenti di base nel rispetto della diversità culturale e produttiva (Parascandolo 2013). Da questo punto di vista l’Italia degli ultimi cinquant’anni è ancora sicura per ragioni di bilancia commerciale, ma sempre meno sovrana, e anzi tra i paesi più dipendenti al mondo a causa del ruolo massiccio e crescente delle importazioni di cibo ai fini del sostentamento alimentare dei suoi abitanti.
Ormai non è più possibile per i singoli paesi praticare autonome politiche dei prezzi agricoli, mentre le norme sovranazionali rendono molto difficile, quando non impossibile, proteggere con barriere doganali i prodotti alimentari nazionali.
Se da un lato questa rete globale garantisce l’accesso a qualsiasi prodotto alimentare in qualsiasi stagione e la posizione, dall’altra presenta delle criticità:
- è una piattaforma perfetta per diffondere potenziali contaminanti praticamente non rintracciabili. Ritardi nell’identificazione dell'origine della contaminazione possono avere gravi conseguenze per la salute della popolazione e causare danni politici ed economici con ripercussioni internazionali (come avvenuto, ad esempio, con la contaminazione da Escherichia coli in Germania nel giugno 2011);
- è basata sull’impiego di fonti energetiche fossili per il trasporto di materie prime e merci agricole su lunghe distanze, contribuendo all’emissione di gas climalteranti nell’atmosfera e al global warming;
- gli accordi internazionali di commercializzazione dei prodotti agroalimentari sono accusati di contribuire allo sfruttamento degli agricoltori dei paesi sottosviluppati, di ridurre la biodiversità vegetale ed animale e di minacciare le produzioni agricole tradizionali.
Ercsey-Ravasz M, Toroczkai Z, Lakner Z, Baranyi J (2012) Complexity of the International Agro-Food Trade Network and Its Impact on Food Safety. PLoSONE 7(5)
Parascandolo F, 2013 Fra terra e cibo. Sistemi agroalimentari nel mondo attuale (e in Italia). Scienze del territorio 1/2013 Firenze University Press ISSN 2284-242X (online) n. 1, 2013, pp. 287-296
Treccani.it Il commercio internazionale.
Wikipedia, GATT
Wikipedia, OMC/WTO
Wikipedia, TTIP