Acque Transfrontaliere

L’analisi del rischio di guerre dell’acqua deve essere accompagnata dalla comprensione dei molteplici fattori e delle differenti tensioni geopolitiche e geoeconomiche che coinvolgono territori e popolazioni, sia in una prospettiva locale che in quella globale. Nell’ambito di crisi e conflitti che sono chiaramente determinati da uno scontro per il controllo di risorse idriche, la questione dello sfruttamento e dell’utilizzo di bacini idrici transfrontalieri gioca un ruolo determinante innescando le tensioni di maggiore intensità e di più difficile risoluzione. Quando parliamo di acque transfrontaliere è necessario ricordare che queste posso essere “catalogate” in due differenti tipologie. Una prima categoria è occupata dai corsi d’acqua, in particole quelli di notevole lunghezza e portata che attraversano più paesi, e da aree lacustri condivisi da più stati. Naturalmente in questo caso l’attenzione non deve essere posta solo sul percorso principale dei fiumi o sul bacino idrico dei laghi, ma sul sistema idrico complessivo che li alimenta, che si compone a sua volta di differenti fonti di varia portata, lunghezza e natura. La seconda categoria è rappresentata dalle falde acquifere sotterranee transfrontaliere, sempre di più origine di nuovi fronti di possibile conflittualità e scontro.

Come suggerisce il terme “transfrontaliero” o “transnazionale”, la questione della gestione e dello sfruttamento di queste tipologie di fonti di approvvigionamento idrico è antico quanto la storia delle società e dei sistemi politici umani. È con l'adozione di forme di adattamento di tipo nomade o semi-nomade e con il progressivo uniformarsi a uno stile di vita sedentario che vengono definiti confini e frontiere stabili. In queste circostanze sistemi idrici liberi da ogni costrizione sono divenuti così parte integrante della pretesa di sovranità di ogni stato, che ne ha rivendicato il diritto di sfruttamento e di utilizzo al fine di sostenere la vita dei suoi cittadini e lo sviluppo della propria economia, a prescindere dalle esigenze altrui e dal “funzionamento” di questi complessi sistemi idrici.

Tralasciando la dimensione delle acque oceaniche e di quelle territoriali e costiere, ogni ragionamento rispetto al tema delle acque transfrontaliere (fiumi, laghi e falde acquifere) comporta non solo la comprensione della complessità e dell’interconnessione di questi sistemi e bacini dal punto di vista ecologico, ma anche delle numerose implicazioni economiche, politiche e sociali a esse connesse. Di fatto, il 40% della popolazione mondiale vive in prossimità di bacini fluviali e lacustri condivisi da almeno due paesi. Un dato che assume profili ancor più interessanti se pensiamo che il 90% vive in paesi che devono affrontare la questione della condivisione di risorse idriche transfrontaliere. Inoltre, i 280 bacini transfrontalieri esistenti coprono quasi la metà della superficie terreste, rappresentando il 60% delle risorse di acqua dolce rinnovabili, fornendo acqua al 40% della popolazione. All’interno di queste aree, troviamo almeno 145 paesi che possono vantare “diritti di sovranità” su queste risorse, laddove almeno 30 stati vedono il proprio territorio integralmente incluso in uno di questi bacini idrici transfrontalieri. 180 corsi fluviali transfrontalieri corrono attraverso 2 stati, mentre 100 lungo almeno tre paesi o più. In Africa esisto 60 sistemi con queste caratteristiche di cui 4 interessano 4 paesi o più. Il solo Nilo è condiviso da 11 stati, mentre il Congo da 9. Nel continente Americano, il rio delle Amazzoni bagna 9 nazioni. In Asia il Mekong ne raggiunge 6 e infine in Europa il bacino idrico del Danubio fornisce acqua a 17 stati. Questi dati chiariscono immediatamente la portata del problema della condivisione e del coordinamento nell’uso di queste fonti di approvvigionamento, rappresentando molto bene la molteplicità dei fattori che, oltre al semplice problema della scarsità idrica, possono indurre conflitti piuttosto che spingere alla cooperazione.

figura 1 - Acque Transfrontaliere 2012

Acque transfrontaliere: fiumi e laghi

Per quanto concerne le acque transfrontaliere dei bacini fluviali di notevole lunghezza e portata, i possibili conflitti e le tensioni che possono essere generate dal loro utilizzo è chiaramente influenzata dalla posizione geografica e dal relativo peso strategico e geo-economico dei paesi rivieraschi. Rispetto alla collocazione territoriale all’interno del bacino idrico di riferimento, i paesi a monte sono evidentemente avvantaggiati, potendo condizionare la quantità e la qualità del flusso di acqua che raggiunge la valle del sistema, influenzando direttamente la possibilità degli altri paesi rivieraschi di utilizzare tale fonte, oltre a determinare il funzionamento del bacino medesimo. A ciò si deve aggiungere, il peso specifico dei singoli paesi che condividono una determinata risorsa idrica. Di fatto è necessario verificare se uno o più paesi possono aspirare o sono in grado di esercitare un ruolo egemonico nella gestione della fonte idrica transfrontaliera poiché ciò può influenzare direttamente la possibilità di escalation di tensioni piuttosto che di efficaci soluzioni cooperative. Un esempio, che può chiarire la prima tipologia di tensioni generate dall’utilizzo estensivo della risorsa idrica in bacini transfrontalieri da parte di un paese a monte del sistema, è quello del fiume Colorado. Nascendo negli Stati Uniti e sfociando in territorio messicano, l’uso intensivo a scopo agricolo e per la produzione di energia idroelettrica in territorio statunitense, in particolare dopo la costruzione della diga Hoover, fa sì che il corso di questo fiume giunga a valle drasticamente ridimensionato nella sua portata e nella qualità delle acque che trasporta.

figura 2 - Fiume Colorado

In questo senso, gli Stati Uniti hanno fatto “valere” la propria posizione territoriale privilegiata rispetto alla risorsa idrica fornita dal fiume Colorado, utilizzandola a discapito dell’interesse del paese a valle.

Per quanto riguarda invece la questione dell'esistenza di posizioni egemoniche all’interno di un determinato bacino idrico transfontaliero, il caso della Cina sul fiume Mekong, che nasce in Tibet e prosegue attraversando Cina, Mayanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietman, ben rappresenta l’impatto che può esercitare la combinazione tra posizione geografica privilegiata a monte e forza economica e strategica di un paese rispetto alla gestione delle acque in tali contesti. La Cina, facendo leva sulla sua capacità egemonica, ha infatti proceduto unilateralmente la costruzione delle proprie opere di sbarramento delle acque, inevitabilmente provocando le reazione degli altri paesi rivieraschi.

figura 3 - Mekong

Il caso del fiume Nilo, invece, evidenzia come un paese, in questo caso l’Egitto, può imporre la propria particolare modalità di sfruttamento della risorsa idrica anche se non posizionato alle sorgenti della medesima facendo leva sul suo potenziale economico, politico e militare. Le tensioni crescenti nel bacino del fiume Nilo dipendono oggi proprio dalla volontà dell’Etiopia di ridiscutere tale modus vivendi, facendo forza sulla sua privilegiata posizione territoriale per trattenere un numero maggiore di acqua da mettere al servizio dell’agricoltura e della produzione idroelettrica.

Al tempo stesso è importante ricordare che lo sfruttamento intensivo, o comunque marcatamente unilaterale, di questa risorsa condivisa all’interno di bacini transfrontalieri non è solo possibile origine o ulteriore catalizzatore di tensioni politiche e diplomatiche che possono poi sfociare in situazioni di aperto conflitto, ma può provocare un degrado irreversibile della risorsa idrica e del sistema che ne garantisce il suo rinnovamento, andando poi a colpire drammaticamente anche i giacimenti acquiferi del sottosuolo. Il progressivo arretramento del lago Aral, al confine tra Kazakistan e Uzbekistan, in seguito alla diversione dei fiumi che lo alimentavano n’è una prova evidente, comportando, l’abbassamento delle falde sottostanti, la scomparsa di oasi che lo circondavano, la contaminazione delle terre e, infine, l’innesco di fenomeni di desertificazione.

figura 4 - Lago Aral

A tale proposito, il progressivo abbassamento del mar Morto offre un’altra testimonianza della complessità e della vulnerabilità degli equilibri che permettono il funzionamento dei bacini transfrontalieri e la loro rigenerazione. Il crescente prelievo di acqua dai suoi emissari (primo fra tutti il Giordano) da parte dei paesi rivieraschi e il sempre maggiore sfruttamento di Giordania e Israele dei giacimenti di potassio per la produzione di fertilizzanti sono tra le cause principali di tale fenomeno.

figura 5 - Mar Morto. Vista dal satellite

Acque transfrontaliere: le falde acquifere

Per lungo tempo ignorate sia nell’analisi delle possibili cause di tensioni e conflitti inter e intra-statuali che dagli accordi internazionali, le falde acquifere transfrontaliere rivestono sempre più importanza strategica. Le falde acquifere possono rappresentare un duplice fronte di scontro investendo sia la dimensione interna ai singoli paesi, nel rapporto tra stato e soggetti economici e cittadinanza, sia quella esterna.

figura 6 - Mappa falde acqifere mondiali

L’aspetto importante è che il loro utilizzo rappresenti frequentemente una forma per così dire “invisibile” di sfruttamento che sfugge a molte delle forme di regolamentazione e monitoraggio. Ciò è particolarmente critico in quanto le falde acquifere sotterranee sono spesso direttamente legate alla vita delle risorse in superficie e costituiscono fonti non rinnovabili. In aree desertiche e semidesertiche la loro importanza è chiaramente strategica e,a oggi, risulta già fornire il 60% dei prelievi per l’irrigazione. Un dato che può facilmente lievitare se consideriamo casi quali quello dell’Arabi Saudita e della Libia, dove i prelievi totali raggiungono l’85%. Due esempi interessanti a tal proposito sono costituiti dalla falda acquifera di Disi, condivisa e contesa tra Giordania e Arabia Saudita, e quella nubiana. Disi è una falda acquifera di vasta portata che misura 250 km di lunghezza e 50 km di larghezza, estendendosi dall’estremo bordo sud del mar Morto, in Giordania, fino a Tabuk, nel nord-ovest dell’Arabia Saudita. Utilizzata sin dal 1980, recentemente è sottoposta a sempre maggior pressione da parte dei due paesi che la condividono. Il caso di Disi rappresenta un esempio chiaro di come pur in assenza di tensioni aperte e veti incrociati sull’utilizzo di risorse acquifere di falde transfrontaliere, due paesi possano ingaggiare una gara di pompaggio silenziosa che pone molte domande sul futuro e sulla tenuta di tale risorsa. Un problema simile si incontra anche nel caso della falda nubiana, una delle più grandi al mondo, condivisa da Libia, Egitto, Sudan e Ciad.

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La falda acquifera di Disi. Una risorsa con-divisa tra Giordania e Arabia Saudita
Il sistema transfrontaliero dell'Himalaya
Il Bacino del Danubio
Geopolitica dell'acqua
Diritto internazionale dell'acqua
Water Security
Virtual Water Trade
La lenta e difficile rinascita delle paludi mesopotamiche
Impronta idrica
Il regime giuridico del Mar Caspio
Acqua Virtuale
Il Nilo
Il bacino del Tigri-Eufrate
Costi/opportunità dell'acqua
La scarsità idrica
Cochabamba
Ridurre l'inquinamento da concimi: il caso dei nitrati nelle falde
Curare la acque inquinate con le piante
Qanat/Kariz
Come distribuire l'acqua in agricoltura
Drought stress: selezione di varietà tolleranti
Come risparmiare l'acqua: l'aridocoltura

Mekong

Cartina delle principali dighe sul corso del Mekong (blu scuro) nella parte bassa  del bacino (blu chiaro) in quella alta. Xayaburi appears as Sayabouly. Source: MRC (2011)

Mekong

Fiume Colorado

Fonte: US Departement for the Interior

Fiume Colorado

Lago Aral

Lago Aral nel 1989 (sinistra) e nel 2014 (destra)

 

Lago Aral

Mappa falde acqifere mondiali

Struckmeier, W. et al. Groundwater Resources of the World (1:25,000,000) BGR & UNESCO World-wide Hydrogeological Mapping and Assessment Programme, 2008

Mappa falde acqifere mondiali

Mar Morto. Vista dal satellite

 Fonte: NASA

Mar Morto. Vista dal satellite

Acque Transfrontaliere 2012

Mappa presentata al Forum Mondiale dell'Acqua di Marsiglia ,Francia. Fonte IGRAC

Acque Transfrontaliere 2012

Le dinamiche di competizione nei bacini idrici internazionali rappresentano una questione di sempre maggior interesse, sia in veste di possibili catalizzatori e moltiplicatori di tensioni politiche già esistenti tra gli stati sia, più in generale, rispetto al degrado quantitativo e qualitativo della risorsa idrica, fenomeno amplificato dall'aleatorietà del cambiamento climatico. Inoltre, non deve essere dimenticato la relazione tra la dimensione interna e quella internazionale rispetto allo sfruttamento e all’utilizzo delle risorse idriche. Frequentemente, le tensioni politiche e diplomatiche che si registrano a livello sovranazionale sono dettate dalle scelte unilaterali dei singoli paesi che cercano di dare risposta ai bisogni interni delle proprie popolazioni e del settore economico attraverso politiche di aumento dell’offerta idrica. Tali strategie sono realizzate frequentemente attraverso la realizzazione di grandi progetti idrici che inevitabilmente vanno a impattare sui bacini idrici transfrontalieri innescando la competizione tra gli stati. La cooperazione tra i paesi rivieraschi è per ciò necessaria non solo per evitare tali dinamiche, ma anche per assicurare la sopravvivenza di tali risorse. D’altra parte tale necessità dipende in modo significativo dalla capacità dei singoli paesi di disporre di forme alternative di approvvigionamento, attuando percorsi di diversificazione e razionalizzazione dell’utilizzo dell’acqua soprattutto in agricoltura. Al tempo stesso, in particolare rispetto alla questione delle risorse transfrontaliere di falda, l’assenza di una chiara regolamentazione internazionale e la tendenziale mancanza di trasparenza da parte degli stati sull’utilizzo di tali risorse rappresentano ostacoli che bloccano ancora l’avvio di un tale percorso.