Il regime giuridico del Mar Caspio

Il Mar Caspio è il più grande bacino lacustre della Terra, data la sua superficie di 371.000 km² e si estende in una zona di confine tra l'Europa e l'Asia in cui si affacciano la Repubblica Islamica dell'Iran e ben quattro repubbliche post sovietiche, ormai in contesa da due decenni per la definizione di questo bacino idrografico. Il fatto che il Mar Caspio sia circondato completamente da terre emerse e non abbia alcuno sbocco verso l'esterno (quindi non corrisponda alla tradizionale definizione di mare prevista dalla Convenzione di Montego Bay), ha fatto sorgere il dubbio sulla reale natura di questo specchio d'acqua: si tratta di un mare o un lago? Un quesito che può sembrare meramente pertinente alla geografia e di nessun impatto per le vite dei popoli che risiedono nella regione. In realtà, una risposta a questa questione rappresenterebbe un punto di svolta per gli equilibri dell'area, dato che gli stati che vi si affacciano ottengono vantaggi e svantaggi diversi dal fatto che esso sia considerato un mare oppure un lago. Difatti, dal diverso status legale conferito a questo bacino, conseguono diversi diritti per gli stati sopra menzionati, i quali possono sfruttare in misura diversa i giacimenti energetici e le risorse presenti. 

 

 

Il Mar Caspio è il più grande bacino lacustre della Terra, data la sua superficie di 371.000 km², e si estende in una zona di confine tra l'Europa e l'Asia in cui si affacciano Iran, Azerbaigian, Russia, Kazakistan e Turkmenistan, ormai in contesa da due decenni per la definizione di questo bacino idrografico. 

figura 1 - Mar Caspio

Il Caspio è un mare o un lago? È un pozzo di petrolio

Così titolava un articolo de Il Corriere della Sera del 1998. La questione del regime giuridico del Mar Caspio è diventata un problema geopolitico solo dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, evento che ha moltiplicato i paesi rivieraschi, da due (Iran e Unione Sovietica) a ben cinque: Iran, Azerbaigian, Russia, Kazakistan e Turkmenistan. Il contrasto è esploso nel settembre 1994, momento in cui l'Azerbaigian ha siglato il cosiddetto “Contratto del Secolo” con alcune compagnie petrolifere per lo sfruttamento dei giacimenti di Azeri, Chirag e Guneshli, situati a largo della capitale azera. 

A partire da questo momento si sono delineati quindi due blocchi opposti che difendono una visione antitetica della problematica. Iran e Russia, richiamando la prima parte della definizione di “mare racchiuso” contenuta nell'articolo 122 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (UNCLOS) e che recita “"enclosed or semi-enclosed sea" means gulf, basin or sea surrounded by two or more States and connected to another sea or the ocean by a narrow outlet” (Art. 122 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare). Essi sostengono che essendo il Mar Caspio uno specchio d'acqua non collegato ad alcun altro bacino marino, esso sia da considerarsi piuttosto un lago, o comunque una superficie in cui si eserciti una gestione congiunta di tutte le attività economiche da esso derivanti, i cui proventi dovrebbero essere suddivisi in maniera equa tra gli stati rivieraschi. A sostegno di questa visione delle cose sarebbero richiamati i trattati stipulati prima della disintegrazione dell'Urss, insieme agli usi e ai costumi relativi alla gestione dei laghi transfrontalieri, vista l'assenza di una convenzione in merito al diritto dei laghi.

La posizione, invece, sostenuta da Azerbaigian, Kazakistan, e in misura altalenante dal Turkmenistan, sostiene che in virtù della seconda parte dello stesso articolo in questione, la superficie caspica possa essere definita “mare” e di conseguenza possano essere applicate ad essa tutte le normative previste dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1982, ovvero quel trattato internazionale spesso conosciuto anche sotto il nome di Convenzione di Montego Bay, che regola appunto il diritto del mare entrato in vigore solo nel 1994. Questa seconda parte dell'articolo 122 recita invece “or consisting entirely or primarily of the territorial seas and exclusive economic zones of two or more coastal States” (Art.122 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare), per cui l'esistenza di questi due elementi preluderebbe da sé una classificazione come mare. 

Le implicazioni geoeconomiche e geostrategiche

Le implicazioni più dirette di una visione del genere sono che il Mar Caspio potrebbe venire suddiviso in settori nazionali di un'estensione di 12 miglia dalla linea di base, a partire dalla quale inizia il computo per determinare la grandezza del mare territoriale sottoposto alla sovranità dello stato. Inoltre gli stati potrebbero estendere il loro controllo sovrano per questioni di sicurezza, polizia e controllo dell'immigrazione per un'area ulteriore di 12 miglia e definita “zona contigua”. In casi particolari di sfruttamento petrolifero, è concesso agli stati il diritto anche di disporre di una cosiddetta “piattaforma continentale”, che si estende fino alle 200 miglia dalle coste del paese e persino di una “zona economica esclusiva”, protesa invece fino alle 350 miglia, entrambe adibite a funzioni d'esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali ivi presenti. Data l'estensione di circa 400 miglia del Mar Caspio, è difficile individuare con esattezza tutte queste diverse regioni, dando luogo ad un motivo ulteriore di controversia tra gli stati costieri è stata sulla delimitazione delle diverse aree di competenza.

figura 2 - Esportazione petrolifera del Mar Caspio

Ma soprattutto, dietro alle diverse posizioni tenute dai paesi si nascondono interessi geopolitici ben precisi.

La posizione russa

In particolare, è interessante notare come la posizione della Russia nei confronti dello status giuridico del Caspio sia mutata con il mutare degli interessi primari di Mosca.

La posizione russa, infatti, è dettata dalla paura di perdere il ruolo di egemone regionale che essa ricopriva in passato e non essere più in controllo delle politiche degli stati a essa contigui che prima rientravano direttamente nella sfera di influenza sovietica. Inoltre, anche in termini economici, se una suddivisione avesse luogo, alla Russia verrebbe conferita una delle zone più povere di risorse, le quali sono principalmente concentrate nelle zone più meridionali. In realtà, a partire dal 1996 si è dimostrato un cambio di rotta nella strategia russa, la quale è ora molto più propensa ad una divisione settoriale del Mar Caspio. Questo mutamento è trasparito dall'atteggiamento tenuto dall’ex presidente Yeltsin in occasione del vertice di Ashgabat dello stesso anno, momento a partire dal quale si è deciso di dare avvio ad un gruppo di lavoro che si adoperasse per la stipula di una convenzione sullo status legale del bacino.

Cosa ancora più indicativa di un cambiamento di politica russa è stato il fatto che il Cremlino ha concesso, sempre in occasione di questo vertice, il permesso all'Azerbaigian di continuare lo sfruttamento petrolifero in quei giacimenti offshore già storicamente gestiti dall'ex-repubblica sovietica. La posizione che viene attualmente sostenuta da Mosca è a sostegno di una suddivisione del Mar Caspio in settori nazionali, divisione che riguarderebbe, però, soltanto il fondale marino e non le sue acque superficiali. Un mutamento di prospettiva che, pur indebolendo la difesa degli interessi economici russi va a creare un “vuoto” legislativo all'interno del quale il governo di Putin ha manovrato per attuare una politica di militarizzazione dell’area, così da poter esercitare  l’egemonia russa attraverso una politica più aggressiva di hard power. Non a caso, Mosca è risciuta a far stipulare un accordo che vieta lo spiegamento di naviglio militare nel Caspio da parte di paesi non rivieraschi, fatto che ne rafforza il predominio dal punto di vista militare.

La posizione iraniana

L’Iran sostiene da sempre lo sfruttamento congiunto di questo specchio d'acqua. E questo per una pluralità di motivi. Innanzitutto vi è un interesse geopolitico di massima per sostenere le politiche russe regionali, così da mantenere un saldo legame con Mosca in funzione anti-americana.

Inoltre, la divisione settoriale proposta dai "pro-lago" non è ottimale per Teheran dal punto di vista economico, visto che sotto la sua giurisdizione ricadrebbe un’area piuttosto limitata e non altrettanto ricca di risorse come quella dell'Azerbaigian. Inoltre, le ragioni portate avanti dalla leadership iraniana rispondono anche ad un problema etnico: essendo abitato da ¼ di popolazione azera, l’Iran ha paura che una rinascita economica e una rivendicazione politica da parte dell' Azerbaigian possa fomentare movimenti separazionisti anche all’interno del suo stesso territorio e minare la sua solidità politica e identitaria.

In conseguenza di una revisione della strategia russa, anche l'Iran ha rivisto la propria posizione circa il regime giuridico del Mar Caspio: la sua proposta è stata da quel momento quella di dividere la superficie marina in settori nazionali tutti con la stessa estensione, pari al 20% per ogni singolo paese; una proposta favorevole a Teheran ma rifiutata da tutte le altre potenze costiere. 

La posizione delle altre tre repubbliche

Le tre repubbliche di recente indipendenza hanno usatola questione del Mar Caspio come mezzo per affermare la loro posizione a livello internazionale. Per questo motivo, soprattutto Azerbaigian e Kazakistan hanno con intransigenza sostenuto l’applicazione della Convenzione di Montego Bay sul caso del Mar Caspio, in base alla quale si avrebbe una suddivisione settoriale notevolmente a vantaggio di questi due paesi: il Kazakistan otterrebbe il 29,9% della superficie totale, l'Azerbaigian il 20,7%, il Turkmenistan il 19, 2%, mentre ad Iran e Russia spetterebbero solo rispettivamente il 14,6% e il 15,6%. Si può facilmente notare come il risultato della loro proposta sia rivolta nettamente a favore dei primi due stati, anche se dallo sviluppo contemporaneo del dibattito sulla problematica emerge come ora ci sia un progressivo avvicinamento tra le diverse posizioni tenute dai cinque stati costieri e si stia cercando di trovare un aggiustamento dello stato delle cose che sia accomodante per tutti.

Infatti, una suddivisione operata su una superficie che è considerata marina ha una sostanziale differenza da una che invece è vista come bacino lacustre: le acque superficiali nel primo caso ricadono sotto la piena sovranità dello stato che possiede il settore nazionale, mentre in un mare esse sono di gestione congiunta, e la libertà dell'azione statale è notevolmente ridotta. Come nei casi di Iran e Russia, anche i governi di Astana, Baku ed Ashgabat portano avanti con determinazionela loro idea, alla base della quale vi è, però, una sostanziale motivazione geopolitica.

L’Azerbaigian, ad esempio, ha sin dall'inizio visto il Mar Caspio come una importante opportunità per rilanciare la propria economia e per acquisire un maggiore status geopolitico internazionale. A tal fine, è stato il paese che ha concluso il maggior numero di accordi con industrie petrolifere straniere. Dati i problemi che uno sfruttamento così intensivo comporta per l'ambiente, il governo di Baku ha dovuto tuttavia operare degli aggiustamenti alla propria politica, accogliendo alcune delle preoccupazioni internazionali per il deterioramento ambientale che questa politica provocava.

Anche il Kazakistan condivide le stesse aspirazioni azere per lo sfruttamento delle risorse del Caspio, dal momento che il governo di Astana si era prefissato, dopo l'indipendenza del 1991, di quasi decuplicare la propria produzione petrolifera e diventare uno dei maggiori paesi esportatori di oro nero, grazie soprattutto allo sfruttamento dei bacini offshore caspici. 

A differenza dei suoi vicini regionali, invece, il Turkmenistan ha mostrato negli anni una politica estera altalenante: se inizialmente il paese si era schierato al fianco dei governi di Teheran e Mosca, ha poi invece proclamato la propria neutralità sulla questione del regime legale come mezzo per affermare la sua indipendenza e sovranità. In realtà, è interessante sottolineare come la strategia turkmena abbia subito un leggero cambiamento di tendenza a partire dal 1997 e, pur rimanendo sempre saldamente ancorato al suo ruolo di nazione “super partes”, esso ha iniziato a percepire  il pericolo che il controllo russo o iraniano potrebbero rappresentare per la propria stabilità politica interna, motivo per cui il governo turkmeno ha iniziato ad avvicinarsi alla posizione di Kazakistan e Azerbaigian.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Esportazione petrolifera del Mar Caspio

Esportazione petrolifera del Mar Caspio

Mar Caspio

Mar Caspio

Come visto, una contesa apparentemente "tecnico-giuridica" sullo status di un bacino interno, acquisisce una particolare rilevanza geoeconomica e geostrategica, con ognuno dei cinque stati rivieraschi impegnati a cercare di ottenere il massimo vantaggio economico possibile, a scapito degli altri. Nonostante siano passati più di 20 anni dall'implosione dell'Unione Sovietica, la contesa sembra lungi dall'essere risolta, dato che manca una visione cooperativa fra i paesi rivali per la gestione di questo delicato ecosistema.

Tuttavia, mentre Kazakistan, Turkmenistan e Azerbaigian sembrano interessati quasi esclusivamente ai benefici economici, per Russia e Iran è molto importante anche l'aspetto geostrategico, sia per rafforzare il loro ruolo regionale sia per impedire l'accesso al bacino da parte di altre potenze, soprattutto degli Stati Uniti.